mercoledì 23 maggio 2012

Vento scomposto / Simonetta Agnello Hornby

Vento scomposto / Simonetta Agnello Hornby. Milano: Feltrinelli, 2010.

Mike e Jenny Pitt sono una coppia alto-borghese che vive a Londra con due figli, Amy e Lucy. Mike lavora in una società che si occupa di transazioni finanziarie, Jenny è nel campo della moda. Hanno soldi a sufficienza per non privarsi di niente per se stessi e neppure per le loro figlie.
Hanno i problemi di tutte le famiglie, le normali incomprensioni dovute ai carichi di lavoro eccessivi di lui e ai problemi legati all’educazione delle figlie. Però quella dei Pitt è una famiglia unita.

Steve Booth è un avvocato che si occupa di cause relative alle famiglie, in particolare abusi e maltrattamenti relativi ai figli. Ha due segretarie, Sharon e Pat, da poco arrivata presso lo studio Wizens.

Questi due mondi che apparentemente non hanno nulla in comune saranno destinati a incontrarsi quando la maestra dell’asilo di Lucy, Mrs Dooms, esprime dei dubbi sul comportamento della bambina sollevando la possibilità che questa subisca un abuso da parte del padre. Questi dubbi innescheranno una reazione a catena che coinvolgerà prima i servizi sociali, in particolare nella persona di Miss Barnes, poi i consulenti psicologi, in particolare Miss Cliff, infine gli avvocati chiamati a decidere se Mike Pitt abbia commesso o meno abuso nei confronti di sua figlia e se Lucy ed Amy debbano essere allontanate dalla famiglia.

Di Simonetta Agnello Hornby avevo letto a suo La mennulara che avevo apprezzato per la ricchezza dell’intreccio e l’accurata ambientazione siciliana. Qui la scrittrice ci catapulta in un mondo completamente diverso, che però le è allo stesso modo molto familiare, visto che la Agnello Hornby vive a Londra da moltissimo tempo e di professione fa proprio il giudice dei minori.

Due libri così diversi come La mennulara e Vento scomposto hanno in realtà molto in comune, in particolare per la capacità dell’autrice di trasformare qualunque storia in una specie di giallo psicologico, in cui non siamo mai sicuri del nostro giudizio nei confronti dei personaggi e oscilliamo continuamente tra dubbio e incertezze.

Qui è Mike Pitt a suscitare sentimenti contrastanti: non è un personaggio simpatico fin dalle prime pagine. È freddo, spocchioso, distante, pensa di poter comprare tutto con i tanti soldi che guadagna grazie ad azioni finanziarie di tipo speculativo. Frequenta un ambiente, quello dell’alta finanza, popolato di personaggi assurdi e di dubbia moralità. Ha un rapporto in parte dominante nei confronti della moglie Jenny, che a sua volta si presenta fragile e piena d’ansia, eppure non dubiterà mai dell’innocenza del marito.

Mike è legato alle sue figlie, ma è spesso assente dalle loro vite, tanto che cerca di recuperare terreno portandole fuori per pranzo o concedendo loro molti capricci.

Al confronto con la famiglia Pitt le altre famiglie che frequentano lo studio di Steve, madri e padri che rischiano ogni giorno di perdere i loro figli per situazioni personali, economiche o sociali molto complesse, suscitano certamente molta più compassione e partecipazione emotiva.

L’autrice ci spinge insomma a cadere nella stessa trappola psicologica che porterà Miss Barnes e Miss Cliff a fare una lettura superficiale della realtà, convinte come sono – a causa di pregiudizi o situazioni personali irrisolte – che Mike Pitt sia il prototipo del padre abusatore.

La morsa giudiziaria e la complessità di tradurre in elementi probatori certi la sensazione che Mike Pitt possa essere innocente insinueranno il dubbio non solo nel lettore, oltre che in molti personaggi del romanzo, ma anche nello stesso Mike che finirà a sua volta per dubitare di se stesso, dei suoi ricordi, del suo passato, rivelando infine una fragilità che non si era palesata per buona parte del libro.

La Agnello Hornby dimostra di conoscere molto bene i meccanismi giudiziari e con questa storia che – come lei stessa afferma – è frutto della sua fantasia, ma sarebbe potuta accadere nella realtà, traduce in narrativa un atto di accusa nei confronti del Children’s act, la norma introdotta nella legislazione britannica alla fine degli anni Novanta che sembrerebbe responsabile di molte storture e capace di determinare grossi errori giudiziari.

La lettura di Vento scomposto - per quanto ricca di dettagli e di storie parallele non sempre facili da seguire e di personaggi non sempre facili da ricordare - è una lettura appassionante, un vero e proprio legal thriller che rispetto ad altra narrativa di genere è capace di associare ad una conoscenza approfondita della macchina della giustizia inglese una partecipazione umana ed emotiva che fa la differenza.

Voto: 3,5/5

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