lunedì 15 luglio 2013

L'isola dei cacciatori di uccelli / Peter May


L'isola dei cacciatori di uccelli / Peter May; trad. di Anna Mioni. Torino: Einaudi, 2012.

Al ritorno dal mio bellissimo viaggio in Scozia (anzi per essere precisi nelle Highlands), S. mi ha consigliato di leggere questo libro per rievocare le atmosfere scozzesi da cui ero rimasta così colpita.

Non conoscevo Peter May, né avevo mai sentito nominare questo libro. Poi scopro che May è di Glasgow e che per scrivere una trilogia ambientata nell'isola di Lewis (nelle Ebridi esterne) ha passato un paio di anni nell'isola a contatto con gli abitanti per coglierne caratteri e sottintesi.

Il risultato è brillante.

L'ambientazione è affascinante e, grazie a May, dopo poche pagine, mi sono ritrovata in un paesaggio in cui il vento, l'oceano, la pioggia, il gelo la fanno da padroni, mentre gli uomini lottano per la sopravvivenza di fronte a una natura inarrestabile, che da un lato mette a repentaglio la vita e dall'altro regala spettacoli irripetibili.

Bellissimo per me che sono tornata da poco ritrovare i grandi cieli scozzesi pieni di arcobaleni che il vento fa cambiare continuamente e rapidissimamente, il mare che infuria sulle scogliere, le spiagge profonde con le lunghissime maree, le brughiere ricoperte di erica e completamente prive di alberi. E poi le pecore che ricoprono le colline, le griglie per gli animali che delimitano le enclosures lì dove non si possono mettere cancelli, l'odore della torba, le blackhouses di pietra, il porridge.

Anche la storia non delude. L'omicidio apparentemente rituale che costringe l'ispettore Finn McLeod a tornare nella sua isola natìa dove non aveva più messo piede dai tempi dell'università è in realtà l'occasione per guardarsi dietro, per ricostruire e fare i conti con il proprio passato.

Il cuore narrativo non è l'indagine in senso stretto, bensì lo scandaglio emotivo e psicologico del cuore umano che in un luogo estremo come questo si fa ancora più difficile.

I cacciatori di uccelli cui si fa riferimento nel titolo richiamano un elemento centrale del racconto, ossia l'annuale spedizione degli uomini di Lewis ad An Sgeir (o Sula Sgeir), una piccolissima isola a nord delle Highlands, con l'obiettivo di cacciare le sule, uccelli marini di cui esiste su questa isola una grossa colonia.

Ad An Sgeir molte verità vengono a galla, ma tradizione vuole che restino sepolte nelle menti degli uomini che le hanno condivise.

Lo scioglimento finale che ricompone i pezzi del puzzle è forse un po' troppo carico, per certi versi eccessivo rispetto a una storia in buona parte equilibrata, ma certamente riesce a creare un climax di tensione e un'aspettativa che non risultano deluse.

Io l'ho letteralmente divorato. E vabbè che i gialli mi piacciono. E le Highlands pure. Ma May in questo romanzo ci ha messo del suo.

Attendo a questo punto il secondo della trilogia.

Voto: 4/5

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