sabato 18 aprile 2015

Tokio fiancée = Il fascino indiscreto dell'amore

Grazie a L. riesco ad andare a vedere almeno un film del Festival Rendez-vous, organizzato dall'Institut français in Italia e in programmazione a Roma dall'8 al 12 aprile.

Si tratta del film Tokio fiancée del regista belga Stefan Liberski, che è presente in sala e che ci racconta qualche retroscena nel suo divertente, ma tutto sommato corretto italiano. Il film dovrebbe uscire in Italia a maggio, con il titolo - in verità piuttosto banale - di Innamorarsi a Tokio (in realtà è uscito con un titolo ancora più banale: Il fascino indiscreto dell'amore).

Il film è tratto dal libro di Amélie Nothomb Né di Eva, né di Adamo, uno credo dei pochi che ancora non ho letto

La storia è quella della giovane Amélie (magnificamente interpretata da Pauline Etienne - ecco dove l'avevo vista, nel film La religiosa), che - dopo essere nata e aver trascorso l'infanzia in Giappone al seguito del padre diplomatico - decide di ritornare in questo paese a cui si sente appartenere e lo fa trasferendosi a Tokio a insegnare il francese. Qui il suo primo e alla fine unico allievo sarà Rinri (Taichi Inoue), un ragazzo dolcissimo e gentile, con il quale comincerà una bella storia d'amore.

Il tono del film, nel suo complesso, è perfettamente in linea con la scrittura della Nothomb, caratterizzata da un'ironia vivace e brillante, da un'atmosfera tra il cinico e il giocoso assolutamente inconfondibile. Lo sguardo di Amélie sul mondo è folle ed entusiasmante al contempo, e il modo in cui lei - e solo lei - ci può raccontare la cultura giapponese - che in parte le appartiene - è strepitoso.

Alcuni passaggi - come ad esempio quello della cena che Rinri organizza a casa con i suoi amici ovvero l'illustrazione degli elettrodomestici di casa da parte del ragazzo giapponese o ancora le serate in giro per Tokio e i contatti con i genitori di Rinri - sono memorabili per il modo in cui ci raccontano l'affascinante, quanto incomprensibile, cultura giapponese, dal punto di vista di una occidentale innamorata di quel paese. E la chiosa sul fatto che l'umorismo costituisce l'ultima grande barriera alla comunicazione tra i popoli mi è sembrata geniale.

Per il resto, il film procede agevolmente e si mantiene sempre piuttosto equilibrato tra l'ironica rappresentazione del mondo circostante e la tenerezza della storia d'amore tra Amélie e Rinri (ma quant’è romantica la fase in cui Rinri porta Amélie in giro per Tokio per fargliela vedere con i suoi occhi? Non è un bisogno e un piacere tutto umano quello di condividere i propri luoghi con chi si ama?).

Purtroppo a volta si ha la sensazione che il film si spinga un po' troppo oltre (lo dico in particolare in riferimento alla scena in cui Amélie canta o all'episodio - tra l'altro determinante dal punto di vista narrativo - dell'escursione di Amélie sul monte Fuji). 

Alla fine però resta un po' in sordina l'evoluzione dei sentimenti di questa coppia e - a parte la distanza culturale che emerge in tutta la sua evidenza dopo la vicenda dolorosa dello tsunami che opportunamente Liberski introduce nella narrazione - non è davvero del tutto chiaro perché Amélie e Rinri non possano stare insieme. Ma forse anche questa vaghezza che a volte confina con la profondità il film la eredita pienamente dalla personalità della esuberante scrittrice belga.

Voto: 3,5/5



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