mercoledì 23 marzo 2016

La questione più che altro / Ginevra Lamberti

La questione più che altro / Ginevra Lamberti. Roma: nottetempo, 2015.

Il romanzo di Ginevra Lamberti racconta le tragicomiche avventure della quasi trentenne Gaia, abitante di quella terra di nessuno che si estende tra Treviso e Venezia, laureatasi quasi a sua insaputa, in transumanza lavorativa (e non solo) tra un call center e un centro commerciale fino all'agognato contratto a tempo determinato presso l'Azienda (ossia una delle catene di ristorazione americane più famose al mondo), ospite regolare del Pronto Soccorso in preda ad attacchi di panico, alle prese con l'umorismo inappropriato del genitore e la solitudine della genitrice, nonché con le stramberie degli amici, come Norman, anche loro vaganti in questo limbo infinito tra adolescenza ed età adulta.

Gaia racconta la sua vita come se stesse parlando con i suoi amici di sempre, con un linguaggio quasi parlato, con le subordinate trasformate in proposizioni dirette senza essere virgolettate, e lo fa senza un ordine cronologico preciso, cosicché spesso ci anticipa cose che saranno chiare solo più avanti, ovvero apre delle parentesi e delle divagazioni che interrompono il filo del discorso e spesso non lo riprendono più.

Il mondo di Gaia è un mondo che, per certi versi, è fortissimamente caratterizzato sul piano geografico e culturale, per altri invece è universalmente riconoscibile. È un mondo assurdo che inevitabilmente ci fa ridere e sorridere, ma nello stesso tempo è costantemente venato da una malinconia che a volte si fa dramma e tragedia, pur senza apparire esplicitamente come tale.

La questione più che altro è un perfetto prodotto del nostro tempo, e ancor di più un perfetto prodotto di quella generazione (trentenni circa) che nell'ironia critica – a volte un po' cinica, altre volte quasi tenera – ha trovato l'unico strumento non tanto per comprendere, quanto per accettare una realtà non certo piena di prospettive luminose e incoraggianti, nonché una condizione personale il cui disagio viene sublimato in parola, scrittura, disegno, musica.

Il romanzo di Ginevra Lamberti mi è sembrato la versione letteraria e del Nord-Est della poetica romana e fumettistica di Zerocalcare. Stessa capacità di penetrare nelle cose e di raccontare con ironia e semplicità verità che sono sotto gli occhi di tutti, ma che questi giovani-non-più-giovani sembrano vedere con più acume, con i sensi quasi più sviluppati.

E forse è anche per questo che del romanzo della Lamberti non mi sono piaciute le stesse cose che talvolta trovo respingenti in Zerocalcare, ossia una forma di umile compiacimento nella ricerca della trovata geniale e dell'ironia originale.

Non si può però negare che questi autori rappresentino una nuova realtà che si esprime in diversi ambiti e che in qualche modo sta creando un linguaggio e una modalità di lettura del mondo totalmente originali e al contempo riconoscibili.

Voto: 3,5/5

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