lunedì 8 maggio 2017

Hacker Porn Film Festival, Kino, 26-30 aprile 2017

Perbenisti, bigotti, bacchettoni astenersi. L'Hacker Porn Film Festival organizzato quest'anno per la prima volta a Roma, al Kino, dal 26 al 30 aprile non è un festival come tutti gli altri perché porta in scena film a tematica sessuale esplicita nelle più diverse accezioni. La differenza con il cinema porno non sta dunque nel tipo di immagini, ma nella loro finalità, ossia nell'esistenza di una riflessione e di un obiettivo che va al di là delle immagini e che gli conferisce un senso che trascende la ricerca del piacere fine a se stessa.

Il programma è ricco e articolato; io scelgo ciò che mi sembra più alla mia portata, perché su certe tematiche faccio sinceramente un po' fatica. Tra i film che ho visto (sei più un corto, alcuni di fiction, altri documentari), vi propongo di seguito brevi recensioni di quelli che ho apprezzato di più (un paio li ho trovati davvero di basso livello e quindi non spreco tempo a parlarne).


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The bedroom

Si tratta di un film australiano di Anna Brownfield il cui intento è quello di attraversare gli ultimi decenni (dagli anni Sessanta ad oggi) per comprendere com'è cambiata la sessualità e quali sono stati i principali step che hanno caratterizzato questo percorso. Ciascun decennio è introdotto da una citazione incentrata sul tema individuato e ci conduce nell'atmosfera con la grafica e le musiche. La cifra caratteristica della sessualità del decennio ci viene raccontata attraverso quello che avviene in una stanza da letto dove si consuma un'esperienza sessuale considerata rappresentativa.

 E così gli anni Sessanta sono quelli dell'introduzione della pillola contraccettiva e protagonista è una coppietta appena sposata, che - pur facendo l'amore in modo molto tradizionale - può finalmente accedere alla ricerca del piacere in sé senza pensieri. Gli anni Settanta sono dedicati alla scoperta di sé e del proprio corpo, soprattutto da parte delle donne, e al centro dell'episodio è la prima esperienza di autoerotismo di una ragazza. Gli anni Ottanta sono quelli dello sdoganamento della sessualità gay, ma anche della grande paura dell'AIDS, e protagonisti sono appunto due giovani gay. Gli anni Novanta sono dedicati al sesso lesbico e alla sua liberazione dalla coloritura sociale e politica verso la sperimentazione e la massima libertà di espressione sessuale. Gli anni Duemila sono dedicati all'ulteriore ampliamento dei confini della sessualità - soprattutto femminile - grazie all'introduzione dei sex toys, e infini gli anni Dieci di questo secolo introducono il tema della sessualità fluida e del superamento del genere.

Un film sessualmente esplicito e a tratti anche noioso, ma certamente apprezzabile nelle intenzioni nonché per le riflessioni che suggerisce nella misura in cui da un lato mette in evidenza il necessario processo di liberazione e di ampliamento degli orizzonti sessuali, dall'altro i rischi di una ricerca che potrebbe non avere confini trasformando la condizione di repressione e censura del passato in frustrazione e insoddisfazione.

Voto: 3/5

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Théo et Hugo

Questo film, che è stato definito il Weekend francese, racconta – in una perfetta unità di tempo con gli spettatori - un'ora e mezza della vita di due ragazzi, appunto Théo e Hugo (i bravi François Nambot e Geoffrey Couët), che si incontrano in una dark room e forse iniziano una storia.

Il primo quarto d'ora del film è decisamente impegnativo e ne giustifica l'inserimento in questo Hacker Porn Film Festival. La dark room è un vero e proprio spazio di sessualità maschile libera in cui corpi nudi si toccano, si incontrano, si penetrano in una situazione di parziale anonimato. Quando però le bocche di Théo e Hugo si avvicinano i loro occhi si aprono nel riconoscimento reciproco del fatto che quello non è stato un contatto come tutti gli altri. I due ragazzi fanno l'amore come se fossero soli e non ci fosse nessuno a guardarli e dopo si danno appuntamento fuori per andare in bicicletta alla fermata della metro.

Quando però cominciano a parlare emerge un'inquietante verità: Théo è sieropositivo e Hugo non ha usato la protezione. Da qui la corsa in ospedale per iniziare il trattamento che forse eviterà che il virus si moltiplichi nel corpo di Hugo, poi le accuse reciproche che finiscono in altrettante scuse, quindi le passeggiate e poi le corse, e gli incontri (con il gestore siriano di un negozio di kebab aperto all'alba, con una signora che prende la prima metro tutte le mattine per andare a lavorare...), le confidenze, i baci, l'attrazione reciproca, le chiacchiere, l'inizio forse di qualcosa di importante.

Alle 6.00 del mattino i due escono da casa di Hugo per andare a casa di Théo e trascorrere insieme la domenica prima di andare all'ospedale per il controllo. La porta si chiude alle loro spalle con la promessa di un dopo che potrà durare un giorno o 20 anni - non lo sappiamo -, ma che certamente ha in qualche modo già cambiato la vita di questi due ragazzi.

Un film forte e tenero al contempo, con due interpreti belli e credibili, che ci dice quanto la vita è sempre sorprendente nel bene e nel male e in fondo sta a noi affrontare le sorprese negative ma anche cogliere quelle positive, spesso incredibilmente mescolate le une con le altre.

Voto: 4/5

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Nova Dubai

Si tratta di un film brasiliano il cui regista è anche il protagonista (Gustavo Vinagre), un ragazzo barbuto e con gli occhialoni, ma carino, insieme ai suoi amici di sempre. Difficile definire questo film se non con la definizione che ne dà lo stesso autore, ossia porno-terrorismo.

Il protagonista e i suoi amici vivono in una città brasiliana in pieno delirio costruttivo, fors'anche grazie alla crescita economica. Le lande deserte, i campi e gli spazi abbandonati stanno via via sparendo a favore di enormi grattacieli, con centinaia di appartamenti presuntamente lussuosi, ma all'interno di contesti che sembrano alveari e dove di fatto non c'è nulla. Nuove aree in cui la città si sta espandendo e che le agenzie immobiliari chiamano Nova Dubai. Contro questo processo inarrestabile, il protagonista e i suoi amici girano per i cantieri portando le loro scopate proletarie, tra di loro oppure coinvolgendo coloro che incontrano sulla strada, gli operai dei cantieri, gli immobiliaristi ecc.

Alle loro scorribande si alternano scene familiari tutte virate sul grottesco, come ad esempio la scena della ninna nanna che la mamma gli canta una sera per farli addormentare, oppure l'amico che racconta la trama di film horror in posti assurdi e in modi assurdi, o ancora l'amico depresso che racconta la sua vita triste e il suo fallito tentativo di suicidarsi.

Un film che ha momenti forti e difficili da digerire, e che riesce a far ridere di cose di cui probabilmente non si dovrebbe, in un contesto di desolazione sociale e umana difficile da credere e accettare. Ma forse era proprio questo lo scopo del film, e se così è ci riesce pienamente.

Voto: 3/5

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Inside the chinese closet

Il documentario di Sophia Luvarà è ambientato in parte a Shanghai, in parte nella Cina rurale. La regista segue la vita di due giovani cinesi, un ragazzo gay, Andy, e una ragazza lesbica, Cherry, inframmezzando scene della loro vita quotidiana con brani di interviste realizzate con loro.

I due ragazzi sono accomunati dal fatto che – seppure a livelli e in modi diversi – le loro famiglie sanno della loro omosessualità e pretendono dai figli comunque un rispetto almeno formale delle regole sociali, ossia un matrimonio e dei figli. Da questa, che probabilmente è una situazione molto diffusa nella Cina di oggi, la scoperta dell'esistenza di una vera e propria organizzazione finalizzata a far incontrare gay e lesbiche che abbiano questa esigenza, ma anche le difficoltà relative: incontrare una persona di cui potersi fidare, condividere non solo l'idea di un figlio ma anche i modi per averlo (inseminazione artificiale, adozione, madri surrogate ecc.).

Ne viene fuori il ritratto di una umanità dolente e malinconica, che vorrebbe da un lato poter essere come tutti e far felici i propri genitori e la società, ma dall'altro non può rinunciare alla propria natura e identità; ed è quindi chiamata ad altissimi compromessi, a scelte dolorose, a umiliazioni che certo rendono molto difficile la ricerca della propria felicità.

Voto: 3/5


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In definitiva, l'esperienza dell'Hacker Porn Film Festival è stata positiva. Un'occasione per riflettere, per confrontarsi con gli altri, per mettere in discussione i propri pregiudizi, per aprire la mente, per incontrare un mondo diverso dal proprio, per non mettere barriere artificiali e psicologiche di fronte a quello che non conosciamo, per interrogarci sui confini di ciò che è accettabile, e capire che questo confine è sempre psicologico e sociale e come tale va gestito.

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