giovedì 11 gennaio 2018

La stanza di Giovanni / James Baldwin

La stanza di Giovanni / James Baldwin; trad. di Alessandro Clericuzio; postfazione di Colm Tóibín. Roma: Fandango Libri, 2017.

La stanza di Giovanni è un romanzo dalla classica struttura narrativa circolare. Inizia infatti dalla fine: David è alla finestra della sua casa nel sud della Francia e con un lungo flashback ci racconta la sua storia: dalla sua prima esperienza gay in adolescenza – poi rinnegata -, all’incontro con Hella, al loro temporaneo allontanamento, al trasferimento a Parigi, all’incontro con Jacques e la serata nel bar dove lavora Giovanni. Poi i pochi mesi della storia d’amore tra David e Giovanni che dividono la minuscola stanza di quest’ultimo nella periferia di Parigi. Infine, il ritorno di Hella, David che lascia Giovanni, quest’ultimo che perde il lavoro e impazzisce di dolore.

Fin dal principio sappiamo che questa non sarà una storia a lieto fine, e a poco a poco – scorrendo le pagine di James Baldwin – scopriamo che la vita di tutti i protagonisti nel giro di pochi mesi va incontro al suo infelice e fatale destino.

Avevo scoperto James Baldwin grazie al bellissimo film I am not your negro e mi aveva colpito il suo essere un personaggio interessante, anticonvenzionale, colto, fortemente impegnato nella sua battaglia per i diritti civili. Tra i suoi libri mi aveva incuriosito La stanza di Giovanni, che però fino a poche settimane fa risultava indisponibile nelle edizioni fin qui pubblicate. Per fortuna sono arrivati quelli di Fandango Libri che ne hanno fatto una nuova edizione!

Il libro è al contempo un po’ come me lo aspettavo e un po’ sorprendente. Non mi sorprende che Baldwin scriva un libro di una sincerità sconcertante e senza veli pur trattando un tema come l’omosessualità che ancora oggi suscita polemiche. Non mi aspettavo però un libro così diretto, con una scrittura così piana, modernissima, attraverso cui si sviluppano il monologo interiore e i ricordi di David, la voce narrante.

In questo libro Baldwin sembra abbandonare per un attimo il tema dei diritti dei neri - che gli è particolarmente caro e per il quale è riconosciuto dalla sua comunità - e fa un incursione in un altro ambiente umano per il quale il condizionamento sociale è talmente forte da rendere problematica e non scontata la possibilità di essere se stessi.

Di questo è vittima David il cui conflitto interiore gli impedisce di vivere serenamente la propria identità sessuale, facendo del male a se stesso e alle persone che lo circondano, impedendosi di lasciarsi andare all’amore fino in fondo, costruendosi un’identità alternativa che alla fine lo soffoca. Di questo è vittima anche Giovanni che vive la propria sessualità più liberamente di David ma viene respinto da quest'ultimo proprio perché rappresenta una strada che gli fa paura.

Nella postfazione Colm Tóibín ci racconta che quando Baldwin scrisse questo libro, in cui i protagonisti sono tutti bianchi, americani o europei, il suo editore lo mise in guardia dalla sua pubblicazione che probabilmente gli avrebbe alienato le simpatie della sua nicchia di mercato. Baldwin rispose che non poteva trattare nello stesso libro della questione dell’omosessualità e di quella dei neri, perché non ci sarebbe stato spazio a sufficienza; però non rinunciò a pubblicare questo libro, allergico come sempre a qualunque tentativo di essere ingabbiato o etichettato.

Una lettura interessante, un libro modernissimo, che conferma – qualora ce ne fosse stato bisogno – la statura di un intellettuale che, proprio grazie al suo anticonformismo, è sempre stato un passo avanti agli altri.

Voto: 3,5/5

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